Cento anni di Bauhaus
Il primo giorno di aprile del 2019 ha segnato la data di un importante compleanno, i cento anni del Bauhaus, la scuola di design fondata a Weimar da Walter Gropius. Quale modo migliore per inaugurare questo blog di ARKEA, se non quello di dedicarlo a un movimento che ha rivoluzionato i canoni dell’estetica e che risuona in modo intimo, quasi spirituale, con la nostra sensibilità e la percezione alta che da sempre abbiamo del lavoro “artigiano”.
Dopo l’esperienza delle Officine Fagus progettate insieme ad Adolf Meyer nel 1911, l’architetto, urbanista e accademico nato a Berlino, diede vita a quella che a tutti gli effetti può essere considerata la scuola più influente del XX secolo per l'architettura, il costume e la pedagogia dell'arte.
Quell’utopia all’origine del design
Il termine Bauhaus richiamava la parola medievale Bauhütte, indicante la loggia dei muratori e proprio da quest’antica corporazione attingeva i suoi principi ispiratori e il suo modus operandi: «Tutti noi architetti, scultori, pittori dobbiamo rivolgerci al mestiere. L’arte non è una professione. Non c’è alcuna differenza essenziale tra l’artista e l’artigiano, l’artista è una elevazione dell’artigiano». Raccolse l’adesione di un copioso numero di apprendisti-artisti, ragazze e ragazzi di diverse nazionalità e culture, che con entusiasmo intuirono e parteciparono la portata innovativa delle attività svolte in quella “strana” scuola, che mirava con slancio romantico al senso della comunità, attraverso nuovi impulsi di speranza e utopia. Sopravvisse solo 14 anni, fino al 1933, quando il nazismo la soppresse, costringendo molti di quei giovani “artisti del fare” e i loro insegnanti ad una dolorosa fuga dalla Germania. Fu anche grazie a questa diaspora che la cultura nata da quella straordinaria esperienza di ricerca di un design pensato e fatto per offrire alla gente oggetti funzionali e belli, si diffuse in Europa e nel mondo, influenzando in modo significativo la formazione e l’estetica, l’arte e la comunicazione, i linguaggi dell’architettura industriale e abitativa, la scuola, ridefinendo per sempre il ruolo sociale del design. Tantissimi arredi e oggetti che usiamo quotidianamente e che riteniamo utili alla nostra vita, portano il segno della filosofia progettuale nata in quei pochi anni di frenetica attività scolastica, di temeraria sperimentazione e produzione di arte applicata.
Tra artigianato e arte
Staatlitches Bauhaus, istituto d’arte e mestieri, nacque dalla profonda convinzione di Gropius della necessità di offrire una scuola impostata all’interdisciplinarietà fra materie, fra teoria e pratica, fra arte e artigianato. Pittori, architetti, fotografi, scultori, decoratori, scenografi e artigiani, riuniti insieme in un continuo interscambio, divennero così costruttori di una “cattedrale del sapere e del fare”. Nel manifesto della Bauhaus, Gropius scrive che: «[…] l’unione profonda di tutte le discipline in una nuova arte del costruire, avrebbe portato una nuova unità culturale». Con questo spirito convince a svolgere il ruolo di maister personalità quali Johannes Itten, Adolf Meyer, Ludwig Mies Van der Rohe, Laszlo Moholy-Nagy, Vasilij Kandinskij, Oskar Schlemmer, Paul Klee, Lyonel Feininger e altri, tutti di età fra i 23 e 40 anni, allora solo alcuni già affermati. Bauhaus apre così, l’una intersecata all’altra, “officine” di architettura e urbanistica, teatro, ceramica, decorazione murale, tipografia, scultura, pubblicità, metallo, scenografia, tessitura, stampa, fotografia, arte plastica, arredamento, ebanisteria… un entusiasmante turbine di discipline, di saperi, di stimolazioni e di scoperte che produsse studi, ricerche, progetti, oggetti, immagini, e soprattutto uno stile e un metodo progettuale riferimento fondamentale per tutti i movimenti d'innovazione del cosiddetto movimento moderno. Questa concezione rivoluzionaria dello studio multidisciplinare, legato alla sua applicazione pratica, alla necessità di creare per tutti e quindi al coinvolgimento dell’industria, cambiò per sempre la funzione e il ruolo sociale dell’artista.
Se una cosa funziona è bella
Nasce allora, contro l’ascetico creatore solitario ottocentesco, un nuovo concreto pensatore e studioso dei veri bisogni della gente. Il designer della Bauhaus si preoccupa che la forma sia coerente alla funzione, che le parti siano un insieme logico e armonico, è il creatore di soluzioni semplici, geometriche e accurate. Ogni progetto di abitazione, sedia, lampada, teiera, manifesto, tessuto o qualsiasi altro oggetto, è disegnato con volumi, linee, colori, materiali immaginati e definiti dalla somma di esperienze acquisite nelle diverse “officine”, dove la filosofia si sporcava le mani producendo per la persona con razionalità perché…«se una cosa funziona, è bella». Ancora oggi, a cento anni di distanza dalla nascita, l’impostazione pedagogica della Bauhaus e la sua evoluzione, influenza l’organizzazione degli studi nelle nostre scuole d’arte, contribuisce in modo determinante alla formazione interdisciplinare dei nostri giovani artisti e designer e continua a regalarci l’entusiasmo della contaminazione fra linguaggi, il piacere della ricerca ininterrotta per arrivare a costruire «l’edificio del futuro».