Francesco di Giorgio Martini l’ingegniarius del rinascimento
L’artista, architetto e innovatore fu molto attivo nelle Marche e lavorò anche alla realizzazione della rocca di Mondavio
Dopo aver inaugurato il nostro blog con un articolo sui cento anni dalla fondazione della Staatliches Bauhaus, torniamo ad occuparci di arte e architettura con quella che può a buon titolo essere considerata una delle figure più alte del rinascimento italiano. Anche e soprattutto per il profondo legame che lega Francesco di Giorgio Martini con il nostro territorio e in particolare Mondavio. L’ingegniarius senese incarnò più che ogni altro quei tratti eclettici propri del suo tempo, cimentandosi in campi diversi come la pittura, la scultura, l’architettura, la progettazione di macchine innovative e la stesura di trattati.
Franciescho Maurizio di Giorgio di Martino trascorse il suo periodo giovanile a Siena impegnandosi nello studio dei testi classici dell’architettura, da Vitruvio ai contemporanei Leon Battista Alberti e Piero della Francesca.
GLI ANNI GIOVANILI DELLA PITTURA
Nel 1460, poco meno che ventenne, fu nominato pittore presso la bottega di Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta. Ai suoi esordi concepì piccole, seppur pregiate opere pittoriche come le miniature per un antifonario dell’Abbazia di Monteoliveto Maggiore (conservata nel duomo di Chiusi) o quelle per il codice De animalibus di Alberto Magno (oggi presso il convento dell’osservanza a Siena). Nel 1469 Francesco di Giorgio costituì una società di lavoro con Neroccio di Bartolomeo Landi, dando alla luce alcuni dei massimi capolavori della sua produzione pittorica, con chiare influenze fiorentine della “pittura della luce” di Piero della Francesca e di Domenico Veneziano. È il caso della “Madonna col bambino e un angelo”, conservato nella pinacoteca di Siena, in cui si la Vergine è ritratta con eleganza di linea e plasticità delicatamente chiaroscurale. I frequenti impegni di Francesco che lo portarono sempre più lontano da Siena furono la causa della separazione con Neroccio e della chiusura della bottega e dello scioglimento della società quam simul habuerunt in arte pictoria sancita con atto notarile del 6 luglio 1475. In quello stesso anno realizzò la grande pala d’altare “Natività di Cristo, due angeli e i santi Bernardo e Tommaso d’Aquino” per il convento di Monte Oliveto Minore fuori Porta Tufi, in cui lo stile gotico internazionale senese che aveva caratterizzato le prime opere del pittore si evolve in quello decisamente rinascimentale dei tempi della maturità.
FRANCESCO DI GIORGIO SCULTORE
La prima importante commessa ottenuta da Francesco di Giorgio fu una monumentale statua lignea policroma raffigurante San Giovanni Battista, eseguita nel 1964 per la Compagnia della morte di Siena, che risente fortemente dell’influenza del Vecchietta scultore. Ma le opere di maggior rilievo, quelle con cui l’artista entrò a buon diritto nella storia maggiore della scultura, furono i suoi bassorilievi in bronzo. Il “Compianto sul cristo morto deposto dalla croce” risale al 1476 e coincide con l’inizio del periodo in cui si trasferì a Urbino al servizio dei Montefeltro. Nel bassorilievo, ai piedi della croce, sono ritratti il duca umanista Federico, sua moglie Battista Sforza e il figlio Guidubaldo. Il più alto esempio della maestria di Francesco di Giorgio nelle arti figurative, è probabilmente rappresentato da due bozzetti di gesso (di cui non si è trovata traccia di successive fusioni bronzee) raffiguranti una “Allegoria della discordia” che fondono gli elementi classici dei miti con l’ambientazione contemporanea nella piazza di una “città ideale”.
Databili intorno l 1489-90 sono, infine, due magnifici angeli reggicandelabro in bronzo eseguiti per il duomo di Siena e probabilmente frutto di una collaborazione con Giacomo Cozzarelli.
ARCHITETTO E TRATTATISTA
Nonostante fosse stato nominato Architetto al servizio della città di Siena il 25 dicembre del 1485 a fronte di un lauto compenso, col patto di non accettare altri incarichi esterni, Francesco di Giorgio Martini continuò a prestare la sua opera di pressoché in tutta Italia. Dai documenti dell’epoca emergono i suoi continui spostamenti, tollerati e autorizzati dal governo della repubblica senese, per incarichi prestigiosi nelle città di Urbino, Milano, Pavia, Napoli, Gubbio, Lucca, Ancona, Loreto, Roma, Cortona e Spoleto. Nelle Marche trascorse vari anni alla corte di Federico da Montefeltro occupandosi del completamento della fabbrica del Palazzo Ducale di Urbino già iniziata da Luciano Laurana, oltre che del duomo, della chiesa di San Bernardinoo e del monastero di Santa Chiara. Raggiunse livelli davvero ragguardevoli nelle opere d’ingegneria militare, progettando un numero copioso di rocche e fortificazioni in tutto il ducato. Lavorò alla trasformazione della fortezza di Monte Cerignone, già fortilizio malatestiano, alla rocca di Cagli, di cui resta oggi solo il monumentale torrione di testa, a quella di Frontone e alla caratteristica rocca di Sassocorvaro, dall’inusuale forma di tartaruga. Ristrutturò la fortezza medievale di San Leo, ingentilendone le forme secondo i canoni rinascimentali. Dal 1488 lavorò sulla rocca di Mondavio, su incarico di Giovanni della Rovere (prefetto di Roma e signore di Senigallia e Mondavio), lasciandola incompiuta nel 1501 anno della sua morte a Siena.
Notevole è il mastio su base poligonale, con il tipico giro di caditoie e merli. Insieme al mastio, i muraglioni fortemente arrotondati avevano la funzione di ridurre al minimo i danni provocati dai proiettili delle bombarde.
Per quanto riguarda i sistemi difensivi, scrisse Francesco di Giorgio Martini nel suo Trattato di architettura civile e militare: “Parmi di formare la città, rocca e castello a guisa del corpo umano e che il capo colle appiccicate menbra abbi conferente corrispondentia e che el capo la rocca sia, le braccia le sue aggiunte e recinte mura quali circulandopartitamente leghi el resto di tutto el corpo anprissima città”. Sull’importanza dell’architettura annotò parole definitive: ”Se l’architectore non ha perspicace et singulare ingegno et inventione non aspetti mai perfettamente tale arte esercitare potere”, ed anche: “Imperò che l’architettura è solo una sottile immaginazione concetta in nella mente la quale in nell’opera si manifesta”.
L’INGEGNO CHE ISPIRÒ LEONARDO
Come già scritto in precedenza Francesco di Giorgio fu a tutti gli effetti un ingegniarius e si applicò alla progettazione e all’invenzione d’ogni sorta di macchine: mulini a reciclo, pompe a catena, elevatori mobili, baliste a molla, argani e gru di ripresa, carri a più ruote automotrici, aratri con vomere regolabile, scavafango, seghe idrauliche, alzacolonne, scale e torri d’assedio, ponti galleggianti, attrezzature per recuperare navi affondate, sistemi di riscaldamento, acustica dei teatri e strumenti di misura per architetti e geometri. In alcuni codici conservati alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze e alla British Library di Londra, sono presenti disegni anonimi di progetti attribuiti al Martini come il palombaro, l’uomo volante e l’uomo con il paracadute. Temi leonardeschi, sicuramente ispirati dalla frequentazione degli scritti dell’architetto senese. Un’influenza documentata dallo stesso da Vinci con alcuni appunti a margine del “Codice di Madrid II”, in cui si riferisce specificamente ad argomenti affrontati da Francesco di Giorgio Martini nel suo secondo trattato.
Un genio del rinascimento che con la sua arte e la sua visione avanzatissima fu, di fatto, un vero precursore dell’età moderna.